Il test utilizza piastre di microtitolazione a 96 pozzetti sensibilizzate con un preparato di cellule renali bovine contenenti il ​​virus PI-3.
Le colonne dispari della piastra (1, 3, 5, 7, 9 e 11) contengono il virus, mentre le colonne pari (2, 4, 6, 8, 10 e 12) sono sensibilizzate dalla proteina di saturazione.
Abbiamo così un vero e proprio controllo negativo per differenziare l’anticorpo antivirale specifico dagli anticorpi diretti contro altri determinanti antigenici.
L’utilizzo di tale controllo riduce notevolmente il numero di falsi positivi.
I sieri di sangue del test vengono diluiti nel tampone per la diluizione.
La piastra viene incubata e lavata, quindi il coniugato, un anticorpo monoclonale anti-IgG1 bovina marcato con perossidasi, viene aggiunto ai pozzetti.
La piastra viene quindi incubata una seconda volta a temperatura ambiente e nuovamente lavata e viene aggiunto il cromogeno tetrametilbenzidina (TMB).
Se nei sieri in esame sono presenti immunoglobuline PI-3 specifiche, il coniugato rimane legato ai micropozzetti che contengono l’antigene virale e l’enzima catalizza la trasformazione del cromogeno incolore in un composto pigmentato. L’intensità del colore risultante è proporzionale al titolo di anticorpi specifici nel campione. L’acidificazione dei pozzetti arresta la reazione. Il viraggio del colore dal blu al giallo, permette la lettura della densità ottica a 450 nm.
Il segnale letto dal micropozzetto di controllo negativo (PI-3 – pozzetti, colonna pari) viene sottratto da quello del micropozzetto positivo sensibilizzato dall’antigene virale (PI-3+ pozzetti, colonna dispari). Il confronto dei segnali ottenuti per i campioni sconosciuti con quelli ottenuti per un siero di riferimento fornito con il kit consente di classificare la positività del siero su una scala a cinque punti.